Donne e Resistenza: un nome per tutte

I loro nomi: Zaira Cianchi, 25 anni, cucitrice, condannata dal Tribunale Speciale a tre anni di carcere per istigazione contro i poteri dello Stato; Anna Villani, 28 anni, impiegata, stessa sorte per propaganda sovversiva e raccolta di fondi per la Spagna Repubblicana; Elisa Veracini, fruttivendola, pagò per la sua militanza nel Comitato di Soccorso Rosso; Ernesta Masi, 35 anni, sarta, attiva nell’organizzazione del Partito Comunista, condannata per detenzione di armi e esplosivi; Antonietta Falorni, 20 anni, maestra, 5 anni di prigione perché volantinava materiale sovversivo distribuito anche durante la visita di Mussolini a Firenze. Si potrebbe continuare:  l’elenco delle donne che hanno fatto la Resistenza a Firenze e in Toscana è lungo. Molte sono note, per altre sono rimasti solo pochi documenti storici, o poche righe negli atti delle condanne. Infine, c’è l’esercito di cui non è rimasto nemmeno un nome. E senza un nome è difficile passare alla Storia.

Il libro «Donne e Resistenza in Toscana», conservato nella biblioteca dell’ISRT, ha il grande merito di restituire un ruolo storico anche alle protagoniste della Resistenza di cui si hanno poche tracce documentate. É una ricostruzione organica dove accanto alle medaglie al valor civile, compaiono anche eroine semi-sconosciute. Nell’introduzione, le autrici del libro – Liliana Alphandery, Luciana Batoni, Daniela Boccacci, Rosangela Mazzamuto, Collettivo Rosa, Luisa Terziani – avvertono: per molte donne, che pure hanno avuto una parte fondamentale nella lotta per la Liberazione, questa è stata forse l’unica occasione per far conoscere la loro storia.

Attraverso documenti spesso inediti e testimonianze, le studiose hanno analizzato il periodo tra l’inverno del ’43 e l’estate del ’44. Le resistenti furono attive in ogni aspetto dell’organizzazione militare: reperimenti di viveri e vestiari, assistenza sanitaria, trasporto clandestino di armi, collegamenti tra i gruppi di partigiani e il Comando centrale, azioni di sabotaggio. Le staffette percorrevano chilometri di sentieri impervi in montagna. Vi erano le ragazze specializzate nel servizio informazioni militari: vennero catturate, depredate, violentate. C’era poi la Resistenza silenziosa di quante seppero tacere o mentire di fronte ai tedeschi o ai repubblichini. Si presero cura dei figli, degli orfani e degli anziani, offrivano nascondigli, e seppellivano i morti. A Firenze, dopo il bombardamento dei ponti nella notte del 3 agosto ’44, in una città senza luce né acqua, il CTLN organizzò un presidio sanitario nei locali improvvisati nella chiesa di San Felice in Oltrarno; un vero e proprio centro ospedaliero che comprendeva anche un reparto maternità dove nacquero circa 35 bambini grazie all’opera di levatrici e infermiere. E ancora: nell’ospedale di fortuna allestito nei locali dell’Istituto Tecnico Galilei in via Giusti, furono portati molti feriti: qui fu curato anche Bruno Fanciullacci. I compagni gappisti riuscirono a penetrare nell’ospedale per riprenderselo, solo grazie all’aiuto di un’infermiera che, scoperta, fu poi portata in carcere a Santa Verdiana.

Il libro rende onore alle partigiane di ogni partito e di ogni città della Toscana. Ci sono storie lette sui libri di scuola. A San Gervasio, Firenze, nell’ospedale improvvisato di Villa Ada, operava Maria Poggi, Medaglia di bronzo al valore civile. Ada Cervi era la direttrice di Villa Ada. Tina Lorenzoni, Medaglia d’oro, staffetta e informatrice per un reparto di azione cittadino, fu arrestata  tra via di Montughi e via Bolognese mentre attraversava le linee per raccogliere informazioni: fu poi fucilata durante un tentativo di fuga, aveva 25 anni. Ogni partito aveva le sue staffette. A Firenze quelle del Partito d’Azione erano organizzate da Maria Luigia Guaita. Nel giugno ’44 a Cercina, di notte, venne fucilata Anna Maria Enriques Agnoletti, Medaglia d’Oro: era stata arrestata per spionaggio, aveva addosso copie del giornale clandestino Rinascita del Movimento Cristiano Sociale, di cui era una delle fondatrici. Nel gruppo dei gappisti fiorentini, organizzati dal PCI, c’era Tosca Bucarelli, arrestata nel febbraio del ’44 davanti alla Birreria Paskowski, nell’allora piazza Vittorio Emanuele: stava cercando di far scoppiare una bomba. Fu portata da Carità e torturata, poi cinque mesi di carcere a Santa Verdiana, dove fu liberata assieme ad altre prigioniere politiche dallo stesso Fanciullacci.

 

«Donne e Resistenza in Toscana» a cura del Comitato Femminile Antifascista nel XXX della Resistenza e della Liberazione in Toscana. Finito di stampare nella Tipografia Giuntina Firenze, settembre 1978.

Manuela Zadro

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