«Bastone fascista l’Italia non doma». Il «Non Mollare» (1925)

Una vecchia foto in bianco e nero ritrae sei giovani poco più che ventenni, assidui frequentatori del Circolo di Cultura di Borgo SS. Apostoli, a Firenze. Il loro sguardo è fiero; il volto, sorridente. Si chiamano Nello Traquandi, Tommaso Ramorino, Carlo e Nello Rosselli, Luigi Emery, Ernesto Rossi. Sono giovani che le circostanze della vita, sin dall’esperienza al fronte nella Grande guerra, hanno voluto maturi anzitempo e che uomini come Gaetano Salvemini, sinceramente democratici, intendono sottrarre al dovere dell’obbedienza al fascismo. Siamo agli inizi del 1925. Mussolini è al potere da meno di tre anni. In un clima di tensione e di violenza anche la libertà di stampa sta progressivamente morendo. Che fare? La scelta di questi giovani è quasi obbligata: crearsi uno spazio di libera espressione dando vita ad un foglio clandestino per risvegliare, in primo luogo, le coscienze di quanti desiderano opporsi, non solo moralmente, al fascismo. L’astuzia e il coraggio non mancano. Servono i soldi: provvedono, di tasca propria, soprattutto Carlo Rosselli e Salvemini. Così, in gennaio, viene dato alle stampe il primo numero del «Non Mollare». Le intenzioni dei suoi animatori sono chiare sin da subito: «Non ci è concessa la libertà di parola: ce la prendiamo. Nel titolo è il nostro programma».

È quasi un’ovvietà ricordare che, tra perquisizioni, intimidazioni e arresti il bollettino – che l’ISRT conserva nella sua completezza e rende disponibile anche in versione digitale – mantiene una periodicità variabile. I luoghi di composizione e di stampa devono cambiare continuamente; le copie vengono nascoste nei posti più improbabili, anche in una cella frigorifera del reparto di medicina legale dell’ospedale di S. Maria Nuova. Ciò nonostante, fino all’ottobre 1925, si stampano 22 numeri del «Non Mollare», con una tiratura di circa tremila copie a numero, distribuite clandestinamente sfruttando conoscenze e amicizie tra ferrovieri, impiegati delle dogane, commercianti, viaggiatori postali. Il foglio passa di mano in mano: «Chi riceve il bollettino è moralmente impegnato a farlo circolare», si legge nel sottotitolo. Ed è così che ogni copia può fare il «servizio di cento» – ha ricordato Rossi –, raggiungendo soprattutto le grandi città del centro-nord della penisola: Roma, Milano, Padova, Torino. Ma non bisogna fidarsi di nessuno, nemmeno dei propri collaboratori. La delazione di un tipografo segna, infatti, lo smantellamento del gruppo promotore del primo foglio clandestino dell’antifascismo italiano. Il carcere, il confino, l’esilio e, nel peggiore dei casi, la morte segneranno le esistenze degli uomini del «Non Mollare». Tuttavia, sull’onda di questo antifascismo nuovo, nato dalle radici dell’interventismo democratico e sostenuto dal magistero salveminiano, la storia della riconquista della libertà in Italia continuerà.

Mirco Bianchi

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